Le pratiche di appalto irregolare, punibili con l’arresto e potenzialmente identificabili come casi di somministrazione fraudolenta, sono oggetto di nuove misure legislative introdotte dal Governo attraverso il decreto Pnrr (DI 19/2024, attivo dal 2 marzo). Queste iniziative mirano a intensificare gli sforzi di contrasto agli appalti illegali, probabilmente influenzate anche dal tragico evento occorso a Firenze il 16 febbraio scorso.
Un appalto si configura come un accordo in cui una parte (l’appaltatore) si obbliga a realizzare un bene o a fornire un servizio per conto di un’altra (il committente), coordinando autonomamente le risorse produttive. Il fenomeno del subappalto emerge quando l’appaltatore si avvale del supporto di un’altra azienda (subappaltatore) per completare una porzione dell’opera o del servizio.
Le nuove disposizioni legislative non proibiscono tali contratti, essenziali per l’esecuzione di progetti complessi, ma estendono l’arsenale di sanzioni applicabili nel caso di abuso di tali accordi.
In particolare, l’introduzione di una specifica sanzione penale si aggiunge alle preesistenti misure punitive per gli appalti irregolari, i quali sono definiti tali quando mancano i requisiti legali stabiliti (articolo 1655 del Codice civile e articolo 29 del Digs 276/2003), spesso a causa di ingerenze organizzative del committente nei confronti dei dipendenti dell’appaltatore, in violazione delle responsabilità giuridiche dovute.
Tale comportamento compromette l’indispensabile autonomia organizzativa dell’appalto, rivelando l’intento di impiegare lavoratori in modo improprio.
L’illecito si verifica non solo in presenza di appalti ma anche in casi di distacco di personale eseguiti in violazione delle normative, conducendo alla definizione di somministrazione irregolare e alla relativa sanzione penale, che prevede l’arresto fino a un mese o una multa di 60 euro per ogni lavoratore impiegato illegalmente, per ogni giorno di impiego.
Questa novità legislativa implica gravi conseguenze per chi viola le norme sugli appalti, introducendo sanzioni penali.
La condotta fraudolenta inoltre aggrava la sanzione penale qualora, oltre all’irregolarità dell’appalto, si dimostri anche un intento truffaldino, ripristinando la fattispecie di somministrazione fraudolenta prevista dalla legge Biagi nel 2001 e successivamente abrogata. Tale condotta richiede la dimostrazione di un dolo specifico, ossia l’intenzione di eludere obblighi legali o contrattuali nei confronti dei lavoratori, rendendo complesso l’accertamento.
In presenza di fraudolenza, le pene diventano più severe, con l’arresto fino a tre mesi o multe di 100 euro per ogni lavoratore coinvolto, per ogni giorno di somministrazione illecita.
Se l’irregolarità viene rilevata durante un’ispezione, le autorità impartiranno un obbligo di risoluzione amministrativa del reato, invitando il datore di lavoro a regolarizzare la situazione. In caso di condotte fraudolente, la risoluzione includerà la cessazione dell’appalto e l’assunzione diretta dei lavoratori. La sanzione per la regolarizzazione è fissata in un quarto di 60 euro (15 euro) per lavoratore, per giorno, salvo recidive.
Infine, si precisa che l’ammontare delle sanzioni non può essere inferiore a 5.000 euro né superare i 50.000 euro.